Master Universitario (I livello) in Diritto Marittimo, Portuale e della Logistica

Ravenna punta sulla nuova generazione di operatori portuali da formare all’Ateneo


Ship2Shore

Il rilancio del territorio romagnolo – martoriato dalle assurde decisioni governative No Triv, a penalizzare la fiorente industria offshore – passa attraverso il Progetto Hub, che richiederà un fabbisogno di nuove leve lavorative con competenze specifiche
Dal nostro inviato
Ravenna – Non è certo attitudine passiva quella intrinseca dei romagnoli, gente abituata a darsi da fare spontaneamente, a sgobbare per natura ed a rimboccarsi le maniche per ricominciare daccapo, ogni qualvolta una circostanza contingente metta a repentaglio la sostenibilità di una struttura societaria consolidata nel tempo e che poggi su alcuni capisaldi ineludibili.
Uno di questi ultimi, se si parla di Ravenna e dintorni, è certamente rappresentato dall’economia offshore, dalla florida industria dell’estrazione di gas e petrolio in alto mare (in realtà quasi a filo di costa); un asset su cui il territorio romagnolo poggia da decenni, che ha permesso la fioritura di un vasto indotto, ma che ora pare possa essere messo in ginocchio da una delle tante scellerate decisioni demagogicamente populiste di un governo sempre più senza capo né coda.
La temuta mannaia che i grillini muovono con sconcertante dabbenaggine, dopo aver sfiorato il Terzo Valico genovese e tuttora pendente come una Spada di Damocle sulla testa della TAV, si è intanto abbattuta sulle ‘famigerate’ trivelle ravennati, decretandone in sostanza la ghettizzazione.
Di riflesso, se effettivamente la fiorente industria petrolifera d’altura del Nord Adriatico verrà messa al bando dal M5S confermando le misure restrittive ad un’attività storica, ne soffrirà, con pesanti ricadute, tutto il distretto romagnolo di imprese e uomini che lavorano in ambito oil & gas ed offshore, e quindi pure un porto che, pur senza vivere la sua stagione migliore, sta comunque lavorando alacremente per costruirsi un proprio futuro.
Parliamo degli eredi di grandi capitani di industria quali Attilio Monti e Serafino Ferruzzi – ed il suo sfortunato epigono Raul Gardini – tanto per fare alcuni nomi di imprenditori di grosso calibro, in fase privata; di Luciano Cavalcoli, presidente della Camera di Commercio e primo presidente nella storia della neonata Sapir, sostanzialmente il ‘padre’ del moderno porto industriale di S.Vitale nato e cresciuto all’ombra dell’uomo forse più potente di quell’operosa Italia della ricostruzione, Enrico Mattei, il fondatore dell'ENI che sognava un'indipendenza energetica nazionale, e col patrocinio di qualche politico autoctono di peso, quale l’esponente DC Benigno Zaccagnini.
Ebbene, attività relativamente nuove che hanno reso Ravenna un fiore all’occhiello del Nord Est italiano, a latere della tradizionale agricoltura, sono ora a serio rischio di ‘shut down’.
Naturalmente nessuno è disposto a chinare supinamente il capo in attesa che il boia pentastellato (con la connivenza salviniana) faccia il suo ‘fastidioso’ mestiere.
L’ultimo summit in Regione lo scorso 1° febbraio, convocato dall'Assessorato regionale alle Attività produttive su richiesta dalle istituzioni e dalle forze socio-economiche del Ravennate, ha dato una prima traccia delle contromisura al vaglio delle forze politiche locali per opporsi al dissesto socio-economico che, legittimamente, si paventa. La salvaguardia dei posti di lavoro resta la priorità fondamentale, da realizzarsi sempre nel rispetto e nella tutela della sicurezza e dell'ambiente, logicamente, ma senza cancellare con un demagogico e frettoloso colpo di spugna quanto costruito in oltre mezzo secolo di attività: secondo stime del ROCA, il comparto offshore da queste parti vale circa 1.000 imprese per 10.000 lavoratori diretti e qualche decina di migliaia di addetti dell'indotto, con una punta a Ravenna del 13% di aziende che rappresentano il 29% dell'occupazione complessiva.
Lo rammenta Guido Ottolenghi (PIR), rappresentante di Confindustria Nazionale, che ha voluto evidenziare come il provvedimento suoni a condanna ideologica e totalitaria, non essendo stata anticipata da un confronto tra le parti: “I No pregiudiziali potrebbero un domani colpire anche altri settori, e l'incertezza è la peggior nemica degli imprenditori”. Il sindaco di Ravenna Michele de Pascale, uno degli ultimi ‘mohicani’ targati PD, ha condotto vari tavoli incrociati, radunando un po’ tutti gli stakeholders, a prescindere dalla loro colorazione, per trovare un antidoto alla ‘febbre gialla’, organizzando il 5 febbraio un meeting di tutto il settore a Ravenna, affollatissimo incontro pubblico con un’adesione trasversale che ha visto partecipare rappresentanti del mondo imprenditoriale sindacale (anche nazionale), dell’associazionismo ambientale e lavoratori, cui era stato invitato anche il Governo.
“Parlo a nome di tutto il comparto economico dell’offshore, chiedendo di fermare l’approvazione di un provvedimento demagogico che metterà in crisi uno dei settori economici più importanti del nostro Paese” motiva la sua istanza pubblica al vicepremier Matteo Salvini – che si era detto favorevole alle estrazioni di gas naturale, purché lontane dalle coste - il giovane e dinamico primo cittadino romagnolo. “Il gas naturale è la fonte fossile meno inquinante e proprio per questo è essenziale per accompagnarci nell’urgente transizione verso le energie rinnovabili. L’emendamento proposto non va in questa direzione, ma comporterà la perdita di migliaia di posti di lavoro, mettendo in difficoltà altrettante famiglie, aumenterà i costi dell’energia e costringerà l’Italia a dipendere esclusivamente da fonti importate per l’approvvigionamento di energia, negandole un futuro di maggiore sicurezza e costringendola all’asservimento alle multinazionali.
Genererà, inoltre, ulteriore sfiducia verso il nostro paese da parte degli investitori esponendo lo Stato a dei pesanti contenziosi arbitrali a livello internazionale con pesanti richieste risarcitorie.
L’altro grave aspetto è che non ci sono le coperture finanziarie, perché l’aumento dei canoni sarà oggetto di ricorsi pesantissimi e porterà a rinunce alle concessioni; è dunque illusorio pensare che con un aumento dei canoni si determini automaticamente un aumento del gettito – prosegue De Pascale, rammentando un altro aspetto controverso - questo provvedimento in nessun modo tutela l’ambiente anzi aumenterà le emissioni poiché non riduce il consumo di fonti fossili, ma semplicemente penalizza la produzione nazionale a favore delle importazioni; il gas estratto all’estero, per essere trasportato, ha una dispersione del 30% con relative emissioni.
Intanto una manifestazione di protesta ‘Si Triv’ è già stata indetta il 9 febbraio a Roma per evitare che l’emendamento blocca-trivelle sia infine inserito nel DL Semplificazioni e far capire a chi risiede nella stanza dei bottoni a Roma che un tema così delicato come quello della transizione energetica e delle politiche energetiche del nostro Paese è stato affrontato con leggerezza attraverso un emendamento presentato durante una notte: “Chiediamo che venga fermato un provvedimento sbagliato, intempestivo, definito senza un approfondito dibattito, senza le audizioni parlamentari delle categorie economiche, delle organizzazioni sindacali, dell’Università, di tutte le sensibilità che si approcciano alla tematica energetica. Se questo metodo ‘passa’, si può ragionevolmente supporre che verrà replicato anche quando dovranno essere affrontate altre discussioni altrettanto strategiche sicché nel futuro potrà accadere la stessa cosa anche a qualsiasi altro vitale comparto economico nel panorama italiano” è il messaggio trapelato dal summit a bocca di Stefano Bonaccini, presidente della Regione Emilia-Romagna,e rivolto al Governo: “Stralciate una norma che uccide il settore, bloccando il lavoro e gli investimenti; aprite un tavolo di dialogo e confronto per imboccare la strada della conversione energetica, come stiamo già facendo in Emilia-Romagna, senza distruggere il lavoro e senza aumentare la dipendenza energetica del nostro Paese. Dunque per ora il territorio di Ravenna dovrà essere escluso dalla sospensiva alle trivellazioni decisa dal Governo, tenendo conto degli accordi territoriali vigenti nel distretto dell’offshore ravennate, risultato di un processo di concertazione partecipata dalla popolazione verso la sostenibilità e una morbida riconversione dell’attività estrattiva”. A Ravenna il metano, ottenuto dal gas, si produce da 60 anni, senza andare a scapito dell’ambiente, come dimostra un’oasi marina di valore europeo, il Parco del Delta. La chicca dei retropensieri al bizzarro provvedimento è che faziosi geologi hanno ripreso a proporre la tesi che un fenomeno naturale, in una zona a forte rischio sismico, come i terremoti nel Nord Adriatico, sia riconducibile a cause antropiche, ovvero le tanto
deprecate trivelle; come se queste avessero la forza di scatenare una simile magnitudo energetica. A latere dell’improvvida decisione governativa di congelare a Ravenna l’industria upstream, bloccando per 18 mesi ogni attività di ricerca in mare e realizzazione di nuovi pozzi e con contestuale aumento di 25 volte dei canoni annuali di coltivazione e stoccaggio degli idrocarburi, rimbalza poi dalla dirimpettaia Croazia la beffarda notizia che il Governo di Zagabria abbia appena lanciato una nuova gara per cercare altri giacimenti; sicché saremo presto costretti a comprare oil & gas dai concorrenti vicini, un po’ come accaduto per l’energia prodotta dalle centrali nucleari transalpine che a noi non aggrada più... Angelo Scorza






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