A seguito dell’approvazione lo scorso 12 gennaio da parte del Consiglio dei Ministri della proposta di Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), che ha immediatamente sollevato rilievi critici da parte delle istituzioni europee a cui è giunto informalmente, tra cui anche il Commissario europeo all’economia, Paolo Gentiloni, il significativo ruolo che andranno ad assumere le infrastrutture e, conseguentemente, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti nella partita del Recovery Fund è stato particolarmente evidenziato nel corso delle trattative avviate dalla crisi di governo ed ora con la nomina del nuovo governo.
Il nostro Paese, che sarà il maggiore beneficiario del Recovery Fund con la sua quota di 209 miliardi di euro, è tuttavia oggi consapevole che il piano dovrà essere nei prossimi mesi rafforzato e consolidato, come pure suggerito dal Commissario europeo all’economia, in ordine, come pare, ad una più precisa definizione delle riforme e delle strategie di settore in relazione alle raccomandazioni fornite dalla Commissione, nonché ad una indicazione dettagliata delle tempistiche dei progetti.
Risale, peraltro, a pochi giorni fa la dichiarazione congiunta delle associazioni europee rappresentative dei trasporti e della logistica con cui si invitano gli Stati membri e la Commissione europea ad assicurare che il settore dei trasporti e della logistica riceva un’adeguata considerazione nei piani nazionali di ripresa e resilienza, in quanto costituirà il principale fattore di ripresa sostenibile e resiliente dell’economia europea.
Effettivamente il PNRR, suddiviso in sei distinte missioni tematiche, dedica la terza missione a “Infrastrutture per una mobilità sostenibile”, a sua volta ripartita in due diverse componenti: la prima su “alta velocità ferroviaria e manutenzione stradale 4.0” e la seconda su “intermodalità e logistica integrata”.
La prima componente si focalizza sulle grandi linee di comunicazione del Paese, innanzitutto quelle ferroviarie, in un’ottica di mobilità sostenibile e tecnologicamente avanzata, nonché su investimenti per la messa in sicurezza e il monitoraggio digitale di viadotti e ponti stradali nelle aree più critiche; la seconda prevede una serie di investimenti per un sistema portuale competitivo e sostenibile dal punto di vista ambientale per sviluppare i traffici collegati alle grandi linee di comunicazione europee e valorizzare il ruolo dei porti del Mezzogiorno nei trasporti infra-mediterranei ed anche per il turismo.
La progettazione della missione “Infrastrutture per una mobilità sostenibile” nell’attuale bozza di PNRR induce ad alcune considerazioni.
Il programma di investimenti per questo settore appare rilevante (31,98 miliardi di cui 28,30 per alta velocità e manutenzione stradale e 3,68 per intermodalità e logistica integrata), ma essendo pur nota la consolidata incapacità italiana di utilizzare i fondi europei (da fonti UE l’Italia sui fondi strutturali 2014-2020 ha allocato il 73% e speso solo il 35%) e di rispettare i tempi di esecuzione dei progetti, sembra essenziale dotare il PNRR di una struttura di governance in grado di gestire il programma di investimenti, garantirne l’esecuzione nei tempi previsti dalla Ue e garantire la continuità anche nei prossimi cambi di governo.
Ciò che a prima vista si percepisce dalla lettura della terza missione è una visione incentrata sulla assoluta convinzione che qualsiasi intervento di riduzione del gap infrastrutturale nel nostro Paese (e soprattutto nel Mezzogiorno) possa rappresentare la soluzione per incentivare traffici, logistica e ripresa economica.
La sensazione è che manchi alla base una seria e competente valutazione su quali infrastrutture sia necessario intervenire perché producano effetti reali in termini di traffico e di concreta utilità e siano strategicamente correlate ad un progetto logistico-industriale.
Una visione che manca appunto di visione complessiva, organica e di una strategia economico-industriale che sarebbero necessarie per trasformare i trasporti e la logistica in vera crescita e ricchezza per il Paese.
Il PNRR riconosce, inoltre, la centralità del sistema portuale per la ripresa e lo sviluppo del Paese, seppur attribuendogli una modesta dotazione finanziaria pari a meno 4 miliardi di euro; anche in questo caso non è facile percepire dalla lettura del PNRR un progetto d’insieme, una strategia unitaria riconoscibile.
Nell’ambito della componente “intermodalità e logistica integrata” con riguardo al sistema portuale le risorse più ingenti sono destinate ai porti di Genova e Trieste ai quali si riserva, in una visione estremamente semplicistica, la missione di sviluppare i traffici con i Paesi d’Oltralpe, attribuendo poi agli altri porti quella di rafforzamento dei traffici mediterranei.
Con una visione altrettanto semplicistica si evidenzia il ruolo che i soli porti meridionali possano avere nell’ambito del turismo, senza tenere conto che l’intero sistema portuale nazionale può essere protagonista di uno sviluppo in termini di traffico passeggeri e trasporto crocieristico, ma ancora più di progetti di riqualificazione urbana delle aree di waterfront, che possono ben integrarsi con gli obiettivi del PNRR di rigenerazione green dei porti italiani.
Mancano nel PNRR interventi a sostegno del rilancio produttivo dei siti industriali dismessi o in crisi o della progettazione di infrastrutture portuali che siano resilienti agli impatti dei cambiamenti climatici.
Sebbene appaia prioritaria la questione del Mezzogiorno, non pare che il PNRR abbia saputo cogliere le potenzialità ed il valore strategico che i sistemi portuali del meridione potrebbero assumere anche in relazione al piano di interventi di infrastrutturazione ferroviaria o allo sviluppo dell’economia dell’entroterra, pure in termini di impulso alla transizione ecologica.
Ciò che non sembra faccia il PNRR è individuare pochi, ma prioritari obiettivi, inseriti in un progetto complessivo che in concreto e non retoricamente delinei un sistema integrato di interventi:
a) legando gli investimenti infrastrutturali portuali alle reti ferroviarie, stradali e ai nodi logistici del territorio;
b) considerando il contesto territoriale fortemente urbanizzato in cui sono inseriti i porti ai fini di una strategia di valorizzazione delle aree retroportuali, degli interporti e delle zone logistiche e produttive;
c) considerando la digitalizzazione e il green deal come filo conduttore delle missioni e degli obiettivi del PNRR in una visione di sostenibilità non solo ambientale (a cui sembra fare esclusivo richiamo il PNRR), ma anche economica e sociale.